VITE - Il dovere di garantire un diritto
- It's time for human rights
- Feb 4, 2021
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Dopo quasi un anno in cui a fine giornata è diventata consuetudine fare un bilancio di vite perse, ridotte ad un elenco di numeri svuotati di identità, che senso e che valore può avere la vita delle vite di ognuno?
Vite disperse in mare, vite di invisibili finite nel fondo di luoghi che a noi appaiono così lontani e reconditi. Vite che avevano diritto alla vita. Un nuovo naufragio al largo della Libia ha causato la morte di 17 migranti. Così, il 25 gennaio 2021 Alarm Phone lo ha comunicato su Twitter, precisando come altre 82 persone trovate vive sulla stessa barca, siano state riportate in Libia, dove sono condannate alla detenzione e a torture disumane, dopo essere sopravvissute ad un terribile naufragio.
Si tratta del secondo naufragio registrato nel 2021, dopo quello avvenuto il 20 gennaio a largo di Zawiya che ha causato la morte di 43 persone. Nel frattempo, l’Ocean Viking ha recentemente annunciato di avere ottenuto il via libera per attraccare nel porto di Augusta in Sicilia. A bordo dell’imbarcazione ci sono 373 migranti tra cui 120 minori non accompagnati che sono stati salvati nel corso di varie operazioni nel Mediterraneo.
A questo proposito Alarm phone denuncia: “Mai così tante morti invisibili nel Mediterraneo.” La rete di attivisti europea e Mediterranea saving humans ha pubblicato un report sul monitoraggio degli ultimi 6 mesi di soccorsi nel Mediterraneo centrale. Malta e Italia si sono ritirate dall'obbligo di salvataggio, le ong sono bloccate e il mare è diventato un enorme buco nero. Qui di seguito vi lasciamo il link del report tradotto in italiano: https://mediterranearescue.org/news/una-lotta-per-ogni-singola-barca
Accanto a questa triste realtà dei migranti via mare, vi sono anche innumerevoli vite di migranti che tentano via terra di trovare speranze di una vita migliore, di una semplice vita sicura e dignitosa. Questa è la storia di vite di invisibili che nel pieno del centro dell’Europa si ritrovano ugualmente dimenticati e non tutelati. Il rigido inverno bosniaco ha riportato l’attenzione dei media sulla rotta balcanica, il percorso che i migranti affrontano per spostarsi dalla Grecia verso il Nord Europa. La rotta balcanica risulta essere troncata da muri come quello ungherese e dalle violenze della polizia croata. Per questa ragione la Bosnia è diventata una trappola, dove resta prigioniera una parte di umanità. Nell’ex-campo di Lipa, in questi giorni, è documentata l’agonia di un migliaio di migranti costretti a sopravvivere in una perenne tempesta di neve. “Perchè non si è creata un’alternativa, una soluzione?” La verità è che Lipa fa comodo a tutti, tranne ovviamente a chi ci vive.
Le tende che frettolosamente l’esercito bosniaco sta costruendo a Lipa serviranno a poco, se non all’obiettivo di nascondere sotto la sabbia una forte emergenza umanitaria. Lipa conviene perché è collocata in una zona di terra desolata: il campo nasconde il problema alla vista dell’opinione pubblica, alla vista di coloro che sono elettori locali.
Accanto al ruolo e alla responsabilità del governo bosniaco che dovrebbe spiegare in che modo ha usato e gestito i soldi dell’Europa, la questione che appare urgente è la seguente: Bruxelles continua a subappaltare la gestione della crisi migratorie ai suoi confini, anziché farsene carico secondo i propri valori fondanti. Non ha insegnato nulla, lo scandalo dei milioni e milioni di euro passati ad Erdogan? Il tiranno turco che finanziamo mentre mette in galera giornalisti e oppositori? Non ha insegnato nulla la primavera scorsa a Lesbos o lungo il fiume Evros con l’improvviso aumento dei tentati arrivi in Grecia e i migranti usati come arma di destabilizzazione?
Purtroppo no. Conviene a tutti, purtroppo non a chi ci finisce dentro nè tanto meno alla coscienza europea, sempre se ancora rimane una coscienza di cui si può parlare.
Non possiamo non indignarci dinanzi alle immagini di queste Vite costrette ad essere ridotte a bestie, a lottare ogni giorno per la propria sopravvivenza tra il gelo infernale di un rigido inverno, tra la mancanza di servizi essenziali e la mancanza della tutela dei loro diritti umani fondamentali di fronte alla non curanza delle istituzioni e delle nazioni europee. Negli anni una consistente parte politica ha contribuito a perpetuare una tendenza che crede che affrontare un problema significa escludere, a priori, tutti gli altri. Ma può esistere una vita che ha più priorità di un'altra? No, non si può parlare di vita in termini di priorità. Non possiamo accettare che ci siano vite invisibili. Nonostante alcuni cerchino di farlo credere, noi oggi vogliamo ribadire con forza la necessità di opporsi di fronte a questa illogica.
“Sono triste. Immagina di trovarti a migliaia di km da casa, al gelo, senza sapere cosa ne sarà di te, senza nemmeno poter caricare il tuo telefono e sentire la famiglia. Immaginatelo e scopri che i migranti non sono numeri, ma persone.” Nico Piro, giornalista reporter, scrive così in un suo tweet del 12 Gennaio dove condivide il suo reportage dall’oramai ex campo di Lipa, in Bosnia. La verità è che in molti non vogliamo immaginarlo, non crediamo che condizioni e trattamenti disumani al centro dell’Europa siano tollerati, consentiti e ammessi da un’imperdonabile indifferenza. Eppure è questa la triste realtà, non si può non vedere, non si può accettare di far finta di nulla.
Vite ridotte a numeri spersonalizzati e privi di identità, numeri che dimenticano che ciascuna di quelle vite ha una propria storia di vita da raccontare e ha il diritto di poter esprimersi, di poter vivere con dignità esattamente come ognuno di noi. Sacrificare la vita di qualcun altro non è la soluzione per preservare e garantire i benefici di altre vite, così come garantire i diritti di tutte le vite non può minacciare il benessere della vita di alcuni.
Accanto a queste realtà di migranti via terra e via mare, vi è una realtà più vicina a noi in termini di luoghi, realtà che ogni giorno uscendo di casa possiamo vedere: le Vite di coloro che vivono per strada, così come le Vite di coloro che se pur destinati a condizioni di miseria e di non tutela, continuano a lavorare nelle campagne per raccogliere quella frutta e verdura che ogni giorno ritroviamo sulle nostre tavole, anche grazie a loro. Ma non solo, pensiamo anche alle vite di quei lavoratori della Whirlpool che Domenica 30 gennaio a Napoli hanno manifestato ancora una volta, insieme al progetto degli invisibili in movimento ideato e promosso da Aboubakar Soumahoro. Un insieme di vite che si uniscono ad altre vite invisibili che richiedono semplicemente il rispetto di un diritto fondamentale e inalienabile: la vita. Rispetto, che ancor prima di essere dovere, dovrebbe essere una fondamentale prerogativa morale.
In conclusione ci terremo a riportare le parole di Aboubakar Soumahoro: “L’invisibilità non è solo materiale ma ha anche una dimensione spirituale, è l’infelicità e la mancanza di empatia, è il non riuscire più a sentire la sofferenza degli altri, è la mancanza di ascolto.”
Contrastare l’indifferenza e l’egoismo che crea invisibilità e divisione è il primo passo per porre le basi per un futuro migliore, più equo e più giusto per tutti. Nonostante incertezze incontrollabili, notizie che fanno male e che fanno arrabbiare, noi ci crediamo e non ci arrendiamo, e voi?
Alessia Tonti, Grisela Lleshi e Laura Bergamaschi
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