top of page

Quanto conta il nostro aspetto esteriore? Quanto conta per noi?

Vivere in una società in cui i codici di apparenza si impongono sfrontati sulle nostre vite di certo non aiuta a considerare il nostro aspetto esteriore come parte delle nostre scelte: la dipendenza che l’apparire riserva nei confronti di tutto ciò che ci circonda è inevitabile, bensì allo stesso tempo la sensazione che le nostre ali siano state tarpate (e lo saranno finché non ci ribelleremo con coraggio) è comune a tanti e tante, a tutte e tutti.


Abbiamo bisogno di essere noi stess* e di piacerci per la singolarità espressiva di cui disponiamo naturalmente. Siamo dotati di virtuosismi tipici per la nostra forma, figura, tonalità corporea che hanno il diritto di essere messi in scena senza alcun timore poiché tutto ciò che è diverso è ricchezza.


Tempo fa, quando partecipare a uno spettacolo teatrale seguendo tutte le opportune indicazioni covid-free era ancora possibile, ho assistito a uno degli spettacoli più virtuosi a cui abbia mai partecipato: R.OSA di Silvia Gribaudi, coreografa illuminata per la modernità che viviamo, dove presiede un’incredibile Claudia Marsicano, attrice under 35 premiata con il Premio UBU 2017. Mettendo in scena il suo corpo, tipico delle opere di Botero, e l’unicità della sua persona, il one-woman show esibisce tutta l’energia che l’essere se stess* sprigiona: riconoscere la propria unicità è fonte di forza e profonda libertà.


È centrale che ognun* di noi possa scoprire il proprio virtuosismo ma servirà un po' di coraggio perché la discriminazione è dietro l’angolo, quindi cosa fare? Dobbiamo esasperare il nostro desiderio di accettarci e piacerci per quello che siamo per raggiungere la soglia di coraggio richiesta a esprimerci al di là dei codici condivisi?


Forse dovremmo diventare noi le prime promotrici e i primi promotori del rispetto reciproco oltre ogni convenzione, oltre ogni limite. Diamo spazio ai virtuosismi che ognun* di noi è in grado di mettere in scena grazie all’unicità che il proprio corpo rappresenta. Promotori e promotrici di un atteggiamento diverso fatto di complimenti per il nuovo taglio di nostro cugino (anche se bizzarro) o della floreale gonna della nostra collega (anche se non adatta alle sue forme).


Tutti quei (anche se) sono frutto della paura di non essere accettati, figli di una cultura che ti domanda di essere un individuo a condizione che segui il conformismo imposto dal trend consumistico. Non possiamo essere inscatolati, il nostro packaging non può seguire regole predefinite e prive di un legame con la persona che sentiamo di essere.


Sapete cosa potremmo fare? Regaliamoci complimenti, si facciamolo! Creiamo delle wonderstorm (tempeste di meraviglia, grazie a Maura Gancitano e Andrea Colamedici di Tlon per questa perla d’azione sovversiva) di apprezzamenti sinceri, autentici verso coloro che propongono se stess* al di là delle convenzioni; apprezziamo il loro coraggio di mettere la loro persona davanti a ogni giudizio e prendiamone ispirazione.


Diventeremo più liberi e libere, diventeremo finalmente noi stess*. Perciò non dobbiamo sminuire il nostro valore, bensì dobbiamo smettere di scusarci per quello che non siamo.


TROPPE CHIACCHIERE, ORA TAP PLAY!

A proposito di conformismo e di tarpare le ali, ascolta Etichette di Willie Peyote tratte dall’album Educazione Sabauda.

“A me etichette ne han sempre messe parecchie Adolescente arrabbiato ribelle depresso e poi rapper E a te quante ne han messe e quante vuoi che ne mettano Siamo tutti il riflesso di ciò che gli altri proiettano”


Quante etichette ti sei sentit* attaccare per come ti presentavi, per come apparivi e quante di queste realmente ti rappresentavano oltre ogni ragionevole dubbio?


La canzone Video di India.Arie uscita nel 2001 ci ricorda che:


“I’m not the average girl from your video

And I ain’t built like a supermodel

But I learned to love myself unconditionally

Because I am a queen”

E vorremmo aggiungere anche i KING!

L’attualità dell’apparenza che viviamo, che propone certi corpi nei videoclip e sulle riviste, oscura la realtà che dovrebbe interessarci: siamo unici e uniche, siamo incredibilmente capaci di giocare con la creatività propria del nostro corpo; India.Arie ti sta cantando di amare ogni tuo centimetro in quanto unico, incondizionatamente.


La bellezza di vedersi e piacersi, la bellezza di guardare le altre persone e vedere la loro bellezza.


“There's a hope that's waiting for you in the dark You should know you're beautiful just the way you are And you don't have to change a thing The world could change its heart No scars to your beautiful”

Concludiamo con questo estratto dal testo di Scars to your beautiful di Alessia Cara dove sottolinea che il problema non è dei singoli, il problema è nel modo in cui il mondo etichetta le forme dei corpi dei singoli. Abbiamo comunque un asso nella manica: le regole del gioco le possiamo riscrivere perché siamo tutti e tutte noi a definirle. Cambiamo i nostri atteggiamenti, anche se piccoli e infinitesimali, perché così cambieremo il cuore del mondo.



Scrivici a tidicolamiateamthr@gmail.com e dicci la tua!

Cosa ne pensi sul tema, la tua esperienza e le riflessioni che i testi ti suscitano.



Con spotify sempre ON,

Elisa e Aurrette

Comments


©2020 by It's TIME for HUMAN RIGHTS. Proudly created with Wix.com

bottom of page