"Non riusciremo mai a rendere un'opera completamente silenziosa". O. Galliani
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- Jan 10, 2021
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Nato a Montecchio Emilia nel 1954. Nel 1997 si diploma in pittura presso l’accademia di Belle Arti di Bologna, nello stesso anno ha tenuto la prima mostra personale alla Galleria studio G7 di Bologna.
Ha vinto, nel 1978, il primo premio alla prima Triennale Internazionale del disegno tenutasi nella Kunsthalle di Norimberga.
Agli inizi degli anni Ottanta è stato esponente di spicco del gruppo degli Anacronisti e del Magico Primario del critico Flavio Caroli. Ha partecipato a tre edizioni della Biennale di Venezia e in quella del 1984 ha avuto una sala personale nella sezione “Arte allo specchio”, negli stessi anni ha partecipato alla Biennale di San Paolo del Brasile e alla XII Biennale di Parigi. Ha esposto nei Musei d’Arte Moderna di Tokyo, Kyoto, Nagasaki, Hiroshima, alla Hayward Gallery di Londra, a due edizioni della Quadriennale di Roma, alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, in quelle di Francoforte e Berlino. Nel 1993 il teatro Argentina di Roma presenta una sua grande tavola “Disegno”, con un’introduzione di Otello Lottini.
Nel 1994 il Museo d’Arte Moderna di Budapest e la National Library – Szechénji – lo invita alla mostra “Territori del sole”, curata da Massimo Bignardi.
Galliani attualmente insegna pittura all’Accademia di Carrara ed è considerato un artista di fama internazionale.
STILE E OPERA DELL’ARTISTA
La figura femminile disegnata a matita su tavola di pioppo (1954) di Omar Galliani, rilevante esponente dell’anacronismo, ha in comune con il volto di Mnemosine, divinità greca, personificazione della memoria, l’accadimento di un istante passato, che, nel presente, è divenuto un ricordo.
L’artista non ha mai amato l’impressionismo, al contrario, ha sempre preferito il simbolismo in cui permane quel senso di incertezza, guardando a Moreau, a Redon, e ai disegni orientali, in particolare modo alla tecnica disegnativa di Hokusai.
Il disegno è soggetto e oggetto del suo lavoro; assume una valenza liberatoria e purificatrice in cui il segno, oppure l’inchiostro, può accanirsi e dilatarsi in grandi nuvole di grafite con l’intento di colmare un vuoto che, attraverso l’espressione artistica del disegno, si carica di piacere e di mistero.
I volti femminili disegnati dall’artista non guardano l’osservatore; in particolare, in quest’opera, la donna disegnata a grafite ha la bocca coperta da un panno nero e lo sguardo spento, fissa in basso un altrove che si pone al di là di ogni nostra percezione visiva.
Che cosa ci vogliono comunicare? Quale simbolo, quale immagine è nascosta dietro i loro occhi? Non è dato sapere con certezza quale evento inatteso si celi dietro i loro volti. I loro sguardi solitari ci invitano semplicemente a contemplarli ed ecco che le muse ispiratrici dell’artista diventano dei ritratti parlanti che lasciano trasparire un sentimento di solitudine e di lontananza.
Galliani approda alla fondamentale ricerca dell’io attraverso l’esperienza dell’alterità, scoprendo se stesso negli altri. L’opera trova per Galliani un significato dall’esperienza, in cui il soggetto fisico delle sue opere risulta essere quello della memoria.
In questo solitario percorso di ricerca artistica, in cui la grafite ha un ruolo fondamentale per le sue creazioni, Galliani sperimenta anche la scrittura e nelle sue poesie utilizza la stessa dolcezza e sensibilità che osserviamo nelle sue creazioni su carta.
«TU TIENI ANCORA GLI OCCHI SOCCHIUSI FINGENDO DI NON SENTIRMI […] NON RIUSCIREMO MAI A RENDERE UN’OPERA COMPLETAMENTE SILENZIOSA».

Martina Benincasa e Francesca Maria Menchinelli
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