Nessun dorma con il diritto alla salute
- It's time for human rights
- Feb 17, 2021
- 5 min read
Caravaggio realizza le Sette Opere della Misericordia nel 1607 a Napoli. L’opera è conservata presso il Pio Monte della Misericordia, in cui risiedeva e risiede tutt’oggi una Congregazione laica di nobili che allora si era insediata nella città Partenopea poco prima dell’arrivo a Napoli di Caravaggio (1606). L’obiettivo della Congregazione era di creare un luogo in cui i bisognosi potevano trovare ristoro. La Congregazione affidò all’artista lombardo la realizzazione di una grande tela affinché l’opera potesse fungere da manifesto e riassumere i sette punti fondamentali della loro missione spirituale:
1. Dar da mangiare agli affamati
2. Dar da bere agli assetati
3. Vestire gli ignudi
4. Alloggiare i pellegrini
5. Visitare gli infermi
6. Visitare i carcerati
7. Seppellire i morti
Le sette Opere della Misericordia di Caravaggio prendono spunto da un passo del Vangelo Secondo Matteo. Notiamo che la tela è affollata di personaggi, dipinti da Caravaggio in maniera realistica.

A destra, c’è un sacerdote con la bocca semiaperta perché intona un canto funerario; reca in mano un lume e trasporta verso il sepolcro un defunto del quale si scorgono soltanto i piedi. Questo primo episodio figurativo rappresenta una delle sette Opere della Misericordia: Seppellire i morti.
Come un puzzle, ora cercate di identificare quali siano le altre Opere misericordiose del Caravaggio che esprimono gli altri sei punti fondamentali, qui sopra elencati.
Noi scegliamo Dar da bere agli assetati.
A destra del quadro, c’è una giovane donna che porge il seno per allattare un uomo anziano. Questo episodio viene ripreso da Caravaggio da un antico racconto romano di Valerio Massimo (I a.C.): Cibone e Pero è una storia che incarna la cosiddetta Carità Romana, la grande virtù dell’Antica Roma.
Cibone è un anziano che viene imprigionato e la figlia Pero, mossa da compassione, va a soccorrere il padre in carcere, lo assiste e lo nutre, porgendogli il suo seno colmo di latte.
La giovane donna compie la pietosa Opera, ma volge il suo sguardo altrove e, come il sacerdote, sembra intonare un misterioso canto oppure si pensa che stia sussurrando o lamentandosi.
In basso della tela, si svolgono così le azioni evangeliche che sono contornate da una luce chiaroscurata, misteriosa. Al contrario, in alto c’è la Madonna con il Bambino che osserva le azioni misericordiose; affianco alla Vergine, ci sono due angeli che si avvinghiano e puntano il loro sguardo verso la terra, come per afferrare con una sola mano e con un solo gesto le sette Opere della Misericordia.
Questa settimana parliamo di Diritto alla Salute e, forse, vi chiederete cosa possa c’entrare quest’opera con il Diritto di questa settimana.
In realtà, notiamo come le sette missioni dettate e volute a Napoli da nobili laici del ‘600 siano ancora oggi necessarie da ribadire. Abbiamo scelto Dar da bere agli assetati perché pensiamo che quando qualcuno ha bisogno di essere accudito, tutelato e curato, non ci sia moneta che conta.
In questa tela, tutti sono mossi da un male fisico e interiore, c’è chi è morto e chi ha bisogno di cure. Nessuno nel dipinto è fermo, tutti agiscono affinché si possa soccorrere chi è svantaggiato.
Attraverso la tela di Caravaggio, ci si interroga su alcuni aspetti che ci toccano nel nostro presente: è giusto aiutare chi è in difficoltà? È giusto concedere un po' di sé a chi ha perso se stesso e ha bisogno di conforto? È giusto dare se si ha tanto?
Probabilmente ognuno di noi saprebbe immediatamente rispondere. Tuttavia, la realtà dei fatti è ancora molto distante dal senso di giustizia.
I paesi più ricchi prepotentemente si affannano per conquistarsi le dosi più grandi di benessere, basti pensare al vaccino contro il Covid, mentre i paesi più svantaggiati vengono depauperati della loro salute.
È giusto che i paesi più poveri debbano aspettare altri anni, forse il 2023, per ricevere le prime dosi di vaccino anti Covid-19 oppure direttamente morire, senza che nessun bollettino sanitario faccia i conti con le loro vite? È giusto che il diritto alla salute debba essere direttamente proporzionale alla fortuna della nazione in cui si nasce?
Per approfondire il motivo della residenza di Caravaggio a Napoli, Vi invitiamo a leggere il breve paragrafo successivo: Chi è Caravaggio?
CHI E’ CARAVAGGIO?
Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, è considerato uno dei più grandi e rivoluzionari pittori della storia dell’arte italiana. La sua vita breve e tormentata ha funto da importante fonte di ispirazione per i suoi grandi capolavori.
La sua pittura è nota per i violenti effetti chiaroscurali e per l’audacia dei temi selezionati. Infatti, i protagonisti delle sue opere sono collegabili all’iconografia cristiana e carichi di religiosità, ma allo stesso tempo danno voce agli ultimi, agli emarginati e ai diseredati della società.
Michelangelo Merisi nasce a Milano nel 1571. La sua carriera di pittore ebbe inizio a 13 anni, quando andò a lavorare nella bottega del pittore manierista Simone Peterzano.
Nel 1594, l’artista si trasferì a Roma, dove lavorò al servizio di alti committenti come i Mattei, Vincenzo Giustiniani, i cardinali Francesco Maria Del Monte, Scipione Borghese, Maffeo Barberini. Erano mecenati che, pur apprezzando le doti artistiche del Caravaggio, mal tolleravano il suo temperamento spavaldo.
Il soggiorno nell’Urbe fu per l’artista caratterizzato da luci ed ombre. Da un lato, condusse una vita dissoluta, costellata di nottate trascorse con prostitute e giocatori d’azzardo nelle peggiori osterie della città, oltre ad essere coinvolto ripetutamente in risse; d’altra, grazie alla protezione del cardinale Del Monte, ottenne incarichi di prestigio, soprattutto presso istituzioni religiose.
Realizzò in questi anni opere dal carattere sacro e profano: Bacco, Narciso, la Maddalena penitente, la Madonna dei Palafrenieri. Inoltre, risale a questo periodo la sua prima commissione pubblica per decorare la Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi con il trittico dedicato alle storie di San Matteo.
Caravaggio abbandonò i toni estatici, tipici dell’epoca per rappresentare i soggetti sacri, prediligendo un maggiore realismo compositivo. La sua predilezione per il realismo dei soggetti gli costò il rifiuto di alcune sue opere da parte dei committenti, come nel caso del dipinto La morte della Vergine (1605-1606), che raffigurava la Vergine con il volto e il corpo di una prostituta annegata nel Tevere. Di fatti, i committenti giudicarono le sue rappresentazioni troppo blasfeme e crude.
Nel 1606, il Merisi fu condannato dalla legge dello Stato Pontificio alla decapitazione in seguito all’omicidio di Rinuccio Tommasoni. Perciò, l’artista decise di fuggire nel Regno di Napoli.
La morte diventa uno dei temi principali della sua produzione artistica: molte opere del periodo napoletano raffigurano la decapitazione, come nell’opera Decollazione di San Giovanni Battista (1608).
Nel 1608, si trasferì a Malta. Qui, entrò nell’Ordine dei cavalieri di San Giovanni; tuttavia, la sua appartenenza a quest’ordine durò poco, in quanto in seguito ad una rissa ferì un membro di grado superiore. Di conseguenza, fu imprigionato.
Caravaggio riuscì ad abbandonare l’isola, però venne inseguito dai sicari del cavaliere ferito. Questa volta, trovò asilo in Sicilia, dedicandosi ad altri capolavori come Il Seppellimento di Santa Lucia (1608). Successivamente, fece ritorno a Napoli in cerca di protezione. Tuttavia, i suoi sforzi furono vani: raggiunto dai sicari, venne ferito gravemente al volto. La sua sofferenza venne riversata nella realizzazione di Davide con la testa di Golia (1609-1610), che mostrava i due volti dell’autore stesso: quello giovane e privo di macchia di Davide e quello sofferente di Golia.
Nonostante la spossatezza fisica, il Merisi decise di rientrare a Roma per poter chiedere la grazia al Papa. Sfortunatamente, le sue condizioni peggiorarono durante il viaggio, quindi morì a Porto Ercole nel 1610, nella totale ignoranza del fatto che poche settimane prima il Pontefice aveva emesso un condono papale per assolverlo dai suoi crimini.
Martina Benincasa e Francesca Maria Menchinelli
Se vuoi dirci la tua, scrivici alla nostra e-mail:
Keep in touch!
Comments