Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà
- It's time for human rights
- Jan 26, 2021
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Oggi 27 gennaio si ricorda la Shoah, termine ebraico che significa Tempesta devastante in quanto indica lo sterminio compiuto dai nazisti del Terzo Reich nei confronti del popolo ebraico durante la Seconda guerra mondiale (1939-1945).
Affinché rimanga sempre vivo il ricordo della Shoah, abbiamo intervistato la Dott.ssa Lucilla Baldetti, tirocinante del Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà di Torino che ci racconta la nascita del Museo e le sue numerose iniziative.
THR: Quando è nato il Museo Diffuso di Torino?
L. Baldetti: Il Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà è stato inaugurato e aperto al pubblico il 30 maggio 2003 nel Palazzo dei Quartieri Militari di San Celso, edificio storico edificato da Filippo Juvarra tra il 1716 e il 1728 e riaperto al pubblico dopo un lungo lavoro di recupero architettonico.
THR: Perché si è sentita l’esigenza di creare un Museo che si focalizzasse su questo frammento di Storia nazionale?
L. Baldetti: La necessità di aprire un museo che si occupasse della salvaguardia e della memoria di temi così importanti della nostra storia nasce da un’esigenza ben precisa: a eventi quali la Seconda Guerra Mondiale, la Resistenza, la Deportazione ancora non era stato dedicato molto spazio nel panorama dei musei storici italiani. Sul finire degli anni ‘90, grazie alla sollecitazione delle Associazioni della Resistenza e al sostegno del Comune, a Torino fu perciò avviata la progettazione di uno spazio museale dedicato all’approfondimento di questi temi e a un’ampia riflessione sul Novecento, che fosse in grado di raccogliere testimonianze e memorie della Torino contemporanea.
THR: Perché il Museo si chiama Diffuso?
L. Baldetti: Il concetto di “museo diffuso” rimanda allo stretto legame che l’Istituzione museale ha con il territorio e con i suoi abitanti. Sottolinea l’impegno nel valorizzare i numerosi luoghi di memoria che sorgono nel tessuto urbano della città di Torino; tra i quali il Sacrario del Martinetto, luogo simbolo della memoria torinese della Resistenza, il Rifugio Antiaereo di piazza Risorgimento, la Caserma di Via Asti, il Ghetto Ebraico, e molti altri. Il Museo non si esaurisce nei suoi spazi espositivi, ma invita il pubblico a proseguire la visita nello spazio urbano, per esplorare il vasto patrimonio sul quale lavora, le centinaia di lapidi che ricordano episodi di Resistenza, le 122 pietre d’inciampo incastonate nel selciato della città, gli oltre venti siti di memoria, oggetto di attività e visite guidate che mirano a far riscoprire al pubblico i frammenti di storia racchiusi nei vari luoghi della città, carichi di memorie che offrono occasione di riflessione, crescita e consapevolezza civica.
THR: Quando riapriranno i Musei, ancora chiusi a causa della pandemia, quali sono le principali fonti storiche che si potrà avere l’occasione di vedere e di studiare nel Vostro Museo?
L. Baldetti: Quando riapriremo, ci auguriamo molto presto, al Museo si potrà visitare l’allestimento permanente “Torino 1938-1948. Dalle leggi razziali alla Costituzione”. Un'originale installazione interattiva, costituita da documentazione fotografica, video, testimonianze orali, che rievoca la vita quotidiana a Torino nel periodo 1938-1948, affrontando la guerra, l’occupazione tedesca, la Resistenza e il ritorno alla democrazia. Il percorso museale è scandito in cinque tappe: Vivere il quotidiano, Vivere sotto le bombe, Vivere sotto il regime, Vivere l’occupazione e Vivere liberi, ognuna costituita da interviste, in cui il tema viene raccontato attraverso la memoria e l’esperienza personale dei testimoni. Il Museo non ha una collezione vera e propria di oggetti: gli unici due oggetti presenti nel percorso museale sono una rara macchina a pedale, usata per la stampa clandestina di materiale propagandistico e una delle sedie che venivano usate per le esecuzioni capitali perpetrate al poligono del Martinetto. Parte integrante della visita al Museo è anche il rifugio antiaereo, scoperto durante i lavori di ristrutturazione del palazzo. Il percorso termina con la sezione dedicata al tema della riconquista dei Diritti, sancita dai principi fondamentali della Costituzione del 1948.
THR: Una delle più importanti poesie-riflessioni sull’atrocità del nazismo e del fascismo è Se questo è un uomo di Primo Levi, scrittore, partigiano antifascista di Torino. A tal proposito, vi chiediamo se avete nel Vostro Museo qualche suo scritto originale oppure qualche Suo video che documenti la Sua vita, la Sua deportazione prima nel campo di concentramento di Fossoli e infine ad Auschwitz.
L. Baldetti: L’allestimento del Museo Diffuso è concentrato prevalentemente sui luoghi della città che furono scenario della guerra, della Deportazione, della Resistenza. Su Primo Levi non è presente un approfondimento specifico e il Museo non dispone di un proprio archivio ma lavora con il patrimonio archivistico dell’Istituto Piemontese per la storia della Resistenza e dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, che hanno la propria sede nello stesso edificio. Lo spazio dedicato all’allestimento permanente è stato pensato per essere completato da mostre temporanee. Una di queste, Primo Levi. I giorni e le opere, prodotta dal Centre d’Histoire de la Résistance et de la Déportation della Città di Lione e presentata dal Museo Diffuso per la Resistenza con la collaborazione del Teatro Stabile. La mostra itinerante, inaugurata nel 2007, era costituita da documenti, fotografie, testi e intendeva definire ed esplorare punti di incontro e divergenza delle diverse “personalità” che distinsero Primo Levi, intellettuale, scrittore, chimico, testimone. Alla sua straordinaria figura si è fatto riferimento anche nella mostra multimediale Che razza di storia, allestita nel 2018 e progettata in collaborazione con il centro Internazionale di Studi Primo Levi, che dal 2009 ha sede nel palazzo che ospita anche il nostro Museo. La mostra dava un inquadramento sul tema delle leggi razziali, a causa delle quali lo scrittore venne arrestato e internato ad Auschwitz e fu uno dei pochi a farne ritorno.
THR: Oggi, mercoledì 27 gennaio, ricordiamo la Shoah, ci potreste indicare qualche Vostra attività recente oppure passata che ha approfondito il tema della persecuzione e dello sterminio totale degli Ebrei da parte del regime nazista?
L. Baldetti: Il 27 gennaio e il 25 aprile sono le date del calendario civile sulle quali il Museo lavora maggiormente. L’iniziativa che da sette anni è protagonista di questo giorno così importante è Pietre d’Inciampo (Stolpersteine), progetto europeo ideato e realizzato dall'artista tedesco Gunter Demnig per ricordare le singole vittime della Deportazione nazista e fascista. L’artista produce delle piccole targhe di ottone che di seguito alla dicitura “Qui abitava...”, riportano nome, data e luogo di nascita e di morte/scomparsa della vittima. Le targhe vengono poste su cubetti di pietra, poi incastonati nel selciato davanti all’ultima abitazione scelta liberamente dalla vittima. Stolpersteine è il monumento più diffuso a livello europeo: finora sono state posate più di 80mila pietre in oltre 1800 città di 26 paesi. L’iniziativa per la richiesta della posa parte da singoli committenti, cittadini, associazioni o enti, che desiderino ricordare una vittima. Ciò che distingue e rende particolare l'installazione torinese è che la città abbia voluto abbinare alla performance artistica di Demnig delle attività educative rivolte alle scuole di ogni ordine e grado, che preparano e accompagnano la posa. L’idea di far partecipare la cittadinanza, soprattutto più giovane, con attività che la renda partecipe di questo gesto di restituzione e ricostruzione della storia personale a chi ne fu privato a causa dell’applicazione dell’ideologia nazifascista, è un percorso che lo stesso artista ha riconosciuto essere piuttosto unico nel panorama italiano ed europeo. Mercoledì 27 gennaio 2021 a partire dalle ore 9,30 saranno posate 8 pietre, dedicate ad altrettante vittime della deportazione, in 6 luoghi di Torino. Il video dell’evento sarà reso disponibile in anteprima dalle ore 19 nel canale Youtube del Museo.
THR: Il Vostro Museo rappresenta un luogo di conoscenza e di confronto che, attraverso la Storia, riesce ad avvicinarci a una maggiore comprensione della nostra contemporaneità. Al Museo Diffuso Vi occupate anche di Storia dei Diritti; non a caso una delle vostre ultime iniziative è Dirittibus. A conclusione della nostra breve intervista, Vi chiediamo quale sia un Diritto in particolare che, in occasione di questa giornata storica, vi sentite di condividere e di sottolinearne la sua importanza.
L. Baldetti: Il Museo Diffuso si occupa contemporaneamente di un capitolo ben preciso della nostra storia e di diritti, punto di snodo dei due argomenti è la Costituzione, affrontata e contestualizzata in relazione alla promozione e alla riconquista dei diritti fondamentali. A livello internazionale esistono molti musei che si occupano dell’uno o dell’altro contenuto, il nostro Museo ha deciso di collegarli e parlarne nel medesimo percorso espositivo.
Dirittibus. Il Museo per la città HYPERLINK "https://www.museodiffusotorino.it/dirittibus" è l’ultimo progetto ideato e coordinato dal Museo Diffuso, che vede coinvolti molti protagonisti della città di Torino. Un progetto col quale il Museo esce dalle sue mura, si spoglia dalle proprie vesti istituzionali ed incontra la cittadinanza in un viaggio che inizierà nella primavera 2021 nelle periferie della città e nei luoghi in cui l’offerta culturale è meno forte, per raggiungere le persone che per motivi diversi non vengono al Museo, per dar loro spazio, per ascoltare, per recepire, per mettersi in gioco. Lo fa adottando il Bibliobus delle Biblioteche Civiche Torinesi per trasformarlo temporaneamente in Dirittibus, un bus arricchito di oltre 150 libri dedicati ai diritti, un allestimento interattivo costituito da storie e testimonianze personali raccontate da giovani attivisti/e intorno ai sei grandi temi: salute, migrazione, lavoro, ambiente, genere e disabilità, e uno spazio aperto attorno al bus, dedicato a eventi performativi, ludici, educativi, costruiti con le comunità che vivono quotidianamente il territorio di riferimento. Dirittibus è un progetto complesso, una vera e propria sfida innanzitutto per chi lo ha immaginato e lo sta costruendo, nato dalla necessità del personale stesso del Museo di mettersi in gioco, ripensarsi, progettare, sognare in grande, dare un segnale forte alla cittadinanza, in questo momento così complicato. Nel difficile periodo storico che stiamo vivendo, che sembra quasi essere senza speranza e senza obiettivi, la cultura non si ferma e continua, con ancor più forza, a farsi strada. È un segnale forte quello che si vuol dare con Dirittibus: non ci fermiamo, continuiamo a progettare e lavorare, a porte chiuse e a distanza, con tutte le difficoltà che può avere una progettazione di questo tipo, restiamo uniti, pensiamo al futuro, continuiamo a collaborare, costruire, a fare comunità, parliamo di quei diritti che, adesso più che mai, sentiamo di dover promuovere e proteggere.
Oggi, 27 gennaio, ci sentiamo di parlare e riportare all’attenzione i Diritti Umani Fondamentali. La storia della Deportazione nazista e fascista, e le Leggi Razziali, che hanno portato a questo terribile capitolo della nostra storia, ci insegnano che in quel momento una categoria di persone è stata privata di tutti i diritti. I diritti sono tali se sono di tutti, come insegna il principio di universalità: “i diritti umani sono universali e si applicano a tutti”. Oggi più che mai, ci sentiamo di parlare di Diritti Umani Fondamentali, e come istituzione museale sentiamo forte la necessità di promuoverli, diffonderli, rivendicarli e proteggerli. Questo è uno degli obiettivi che il Museo si pone con il progetto Dirittibus: incontrare i cittadini e le cittadine, portando loro la conoscenza di un patrimonio immateriale che potenzi l’approccio critico sul tema dei diritti.
A conclusione dell'intervista, ringraziamo Lucilla Baldetti e il Museo Diffuso di Torino che ci dà l'opportunità di conoscere la Storia e partecipare a progetti educativi che attualizzano la nostra Storia passata nel nostro presente.
Vi salutiamo con la poesia Se questo è un Uomo di Primo Levi, invitandovi a memorizzare una frase che più vi piace e successivamente riflettere sul senso del Suo pensiero.
Se questo è un uomo
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
Primo Levi

Martina Benincasa e Francesca Maria Menchinelli
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