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Il Diritto alla Vita


Diritto alla vita

"1. Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia punito dalla legge con tale pena.


2. La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario:


(a) per garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale;


(b) per eseguire un arresto regolare o per impedire l’evasione di una persona regolarmente detenuta;


(c) per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un’insurrezione."


L’articolo che oggi abbiamo deciso di trattare riguarda il diritto alla vita, facente parte dei Diritti Umani Fondamentali - insieme al divieto di tortura e di schiavitù -, i quali a loro volta sono da considerarsi norme di ius cogens - ovvero quelle norme del diritto internazionale consuetudinario che hanno carattere imperativo, sono cioè assolutamente inderogabili, non ammettono nessun tipo di eccezione in nessuna circostanza.


Al diritto alla vita viene dedicato un articolo, l’articolo 2, all’interno della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) che venne firmata nel 1950 dal Consiglio d’Europa e al fine di assicurare il rispetto delle norme da parte degli Stati firmatari è stata istituita, a Strasburgo, la Corte europea dei Diritti dell’Uomo. Tutti i 47 Stati membri del Consiglio d’Europa, compresi i 27 paesi dell’Unione Europea, sono parte della Convenzione.


Una volta fatta questa necessaria introduzione giuridica, passiamo ora alla vera essenza dell’articolo. Analizzandolo attentamente emergono effettivamente delle incertezze degne di nota che ora andremo a spiegare passo passo cercando di snocciolare insieme questi dubbi.

L’articolo infatti definisce che «la vita di ogni persona deve essere protetta», ma per essere ancora più precisi consideriamo anche la versione originale inglese della Convenzione.

Il testo cita «Everyone’s right to life shall be protected by law». Vediamo come innanzitutto i termini "deve" e "shall" indichino un obbligo, ricollegandosi quindi al carattere imperativo che abbiamo sottolineato nell’introduzione. Gli altri termini importanti che la Convenzione utilizza e su cui è necessario ragionare sono "ogni persona" e "everyone", entrambe parole chiave con le quali si stabilisce concretamente chi rientra nella protezione di questa norma, ovvero chiunque. Come definiamo questo chiunque? Chiunque indica tutti gli esseri umani.

Fin qui tutto chiaro e lineare, ma il dubbio si presenta proprio ora: qual è il concetto esatto di “essere umano”?


Per rispondere a questa domanda esistenziale abbiamo pensato di presentarvi un caso di cui si è occupata la Corte Europea dei Diritti Umani, il caso Vo v. Francia:

Il 27 novembre 1991 la signora Thi-Nho Vo, di cittadinanza francese e originaria del Vietnam, al sesto mese di gravidanza andò all’ospedale di Lione per un’ecografia di routine. La signora non parlava francese, non sapeva, quindi, comunicare adeguatamente con i medici. Quello stesso giorno, in quel medesimo ospedale si trovava anche un’altra signora, Thi Thanh Van Vo, la quale doveva essere sottoposta ad un intervento chirurgico. Le due pazienti vennero scambiate e la signora incinta venne erroneamente sottoposta all’intervento chirurgico che le comportò un aborto terapeutico.


L’11 dicembre 1991 la signora Vo denunciò, per omicidio colposo nei confronti del figlio, il medico che l’aveva operata, ma il medico venne assolto in quanto il feto non poteva essere considerato persona umana.

Dopo aver sottoposto il caso alle corti francesi, le quali non riconobbero il medico responsabile di omicidio colposo, la signora decise allora di ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo contro la Repubblica francese, per la violazione dell’articolo 2 della Convenzione.


La questione portata avanti dalla signora Vo era quella secondo cui il feto era da considerarsi a tutti gli effetti una persona, un essere umano e di conseguenza rientrava nel concetto di “everyone” che abbiamo spiegato all’inizio.

La Corte si trovò quindi a domandarsi:

qual è effettivamente il momento in cui una persona può essere considerata tale? Qual è il momento in cui inizia la vita?

Non sapendo dare una risposta precisa e unica, la Corte fece una ricerca per verificare se esistesse un "consenso europeo" a riguardo e lo fece esaminando le leggi sull’aborto degli Stati parte della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: nel caso in cui queste leggi fossero state uguali ed uniformi per tutti, o quasi, i paesi, allora sarebbe stata chiara la decisione da prendere, ma le leggi, in realtà, non erano affatto uguali.

Effettivamente le leggi di ogni singolo paese risultano essere molto diverse tra loro in quanto alcuni, in materia di aborto, sono molto più restrittivi e rigidi ed altri meno.

La Corte, viste le grandi differenze tra i paesi, concluse il caso dichiarando che l’articolo 2 della Convenzione non era stato violato, in quanto la Convenzione stessa in primis non affermava esplicitamente che la tutela includesse anche il feto.

Secondo la Corte, inoltre, ogni Stato parte era libero di decidere quale fosse il preciso momento da considerarsi come inizio della vita; tutto questo però con una condizione posta dalla Corte stessa e che riguardava l’applicazione del principio del margine di apprezzamento.


Ma cos’è questo margine di apprezzamento?

Con questo margine si stabiliscono degli standard universali, ovvero un inizio e una fine, all’interno dei quali gli Stati parte possono decidere quale momento per loro è da considerarsi come inizio della vita.

Proviamo a spiegarlo meglio in altre parole: secondo questo margine la vita non può quindi iniziare né prima del concepimento né dopo il momento della nascita. Dal concepimento alla nascita, però, lo Stato può decidere qualsiasi momento in cui il feto è considerato persona umana e questo può anche essere il momento stesso della nascita. Nella maggior parte dei paesi questo momento inizia dal terzo mese di gravidanza, questo significa che è quindi possibile abortire entro il terzo mese. Negli USA invece, secondo l’articolo 4 della Convenzione americana dei diritti umani, la vita dell’essere umano è protetta sin dal momento del concepimento.


Altra questione molto delicata e strettamente legata al diritto alla vita è quella riguardante la pena di morte: normalmente i trattati sui diritti umani, quando tutelano il diritto alla vita, prevedono come eccezione possibile l’applicazione della pena di morte. Questa è prevista ancora oggi nell’articolo 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nonostante sia stata abolita in tutte le circostanze dai protocolli addizionali 6 e 13 alla Convenzione.

Di fatto, la pena di morte è stata proibita dal sistema europeo dei diritti umani, ma vi sono ancora molti Stati nel mondo che continuano a praticarla e si tratta di un’eccezione legittima al diritto alla vita. È evidente come, da questo punto di vista, non si possa parlare di eguale rispetto dei diritti umani a livello internazionale, incluso il diritto alla vita, in quanto è evidente che in certi Paesi le persone siano più tutelate rispetto a quanto non lo siano in altri Stati.

Certo è che, nonostante ci siano delle leggi internazionali che obbligano gli Stati parte di una Convenzione o trattato ad adeguare le proprie normative nazionali a quelle internazionali, molti di questi Stati continuano a violare queste leggi in quanto mancano degli strumenti internazionali efficaci che sanzionino gli Stati in caso di violazione.


Alla luce di quanto detto, la domanda con cui vi lasciamo è: quanto ancora dovremo aspettare affinchè tutti gli Stati adeguino le proprie leggi a quelle internazionali relative ai Diritti Umani Fondamentali e raggiungano un consenso internazionale?


Nella speranza che ciò accada presto,


alla prossima pillola!


Keep on Rights,

Federica, Paola, Roberta e Valeria


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