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Hear my voice: un appello democratico

Updated: Jan 13, 2021

Immaginiamoci in un’aula, affollata e rumorosa. Aspetta, forse non sarà così semplice immaginarla dato il periodo che stiamo vivendo.

Rendiamo contemporanea questa fantasia.

Immaginiamoci in linea su meet con altre dieci persone, dove prendere la parola è un’operazione ardua e complessa. Esiste il pulsante “hand” (mi piace chiamarla “la manina”) per alzare la mano e far presente che si vorrebbe partecipare alla discussione; peccato che nessuno controlli l’elenco dove la lista delle voci, che educatamente vorrebbero inserirsi, sono rese pubbliche.


Nulla, tutto è un caos. Le opzioni sono: apro il microfono e urlo, sbraito, agito le mie manine in pelle e ossa sperando che tra il casino sonoro e le immagini del mio quadratino su meet in subbuglio, io riesca a richiamare l’attenzione; oppure mi arrendo e passivamente rimango in linea pregando che il tutto finisca il prima possibile.

Non una grande mossa. In entrambi i casi.


E allora viene da domandarsi: perché la fatica per venire ascoltati non deve fermarci?


Hear my voice è una delle canzoni più potenti del 2020 perché si propone quale inno della democrazia e, forse, un reminder per i tempi che corrono. È stato scritto e interpretato da Celeste in occasione del film The Trial of Chicago 7, di cui è la colonna sonora e l’effetto che ne deriva è, ancora una volta, potente! Perché vorresti uscire di casa, camminare per la strada e cantare che anche tu vuoi portare avanti il cambiamento e chiunque voglia aggiungersi è ovviamente il/la benvenut*.

Se guarderete il film, o lo avete già visto, sarei veramente felice di sapere cosa provoca in voi: cosa vi turba e cosa vi sprona.


Tornando al pezzo, la magia delle parole scelte e del ritmo colmo di speranza (la melodia è abbondante, ricca di lunghe note e tempi riflessivi) ci ricorda che vedersi riconosciuto il diritto di parola non è una pretesa di supremazia o arroganza ma, al contrario, l’invito alla costruzione condivisa di un compromesso democratico.


“You may think I won't be heard Still I'll raise this hand Spread this word These words of fire Of hope and desire And I'll let them free”


Democrazia è l’incontro e la coesistenza di idee diverse e irriducibili, idee che rappresentano tutti e tutte noi ed è nostra responsabilità considerarle senza discriminazione, malgrado la complessità. La democrazia è faticosa ma rimane la migliore alternativa per convivere tutt* insieme auspicando a un mondo inclusivo, rispettoso e fondato sui diritti umani.


La storia del gruppo turco Grup Yorum è l’emblema della fatica e della speranza che la libertà di espressione accompagna e richiede. La loro musica è popolare, ricca di strumenti e voci che si fanno portavoce di un diritto il più delle volte limitato, se non addirittura negato. In questo video è possibile ammirare la determinazione a non mollare, a proclamarsi a favore della libertà di espressione e cantarne le lodi anche se gli strumenti a disposizione son rotti e malconci.


La loro anima continua a suonare.


Come racconta bene Maura Gancitano nel podcast che parla di libertà di espressione, la democrazia è dissenso poiché l’ascolto di tutte le voci che appartengono alla comunità porta inevitabilmente allo scontro. Alimentare il dissenso vuol dire alimentare il compromesso che alimenta, a sua volta, l’equilibrio dinamico proprio dei sistemi democratici.


TUTT* SIAMO LIBER* DI ESPRIMERCI.


Questa scritta tutta urlata potrebbe sembrare un po' arrogante e invadente, perdonatemi. È scritta così perché vorrei fosse vista come un mantra da ripetersi, o ripetere, nei momenti di sconforto o di eccessiva euforia. Quei momenti in cui gli estremismi attitudinali emergono e trovano spazio.


Gli estremismi non vanno mai bene, ecco la regola.

L’estremismo americano del 6 gennaio 2021 non è democrazia, ecco il fatto.


La libertà di espressione è collettiva, un terreno comune su cui coltivare il rispetto reciproco e il senso di comunità al di là delle posizioni opposte che ognun* di noi assume. La prepotenza della libertà di espressione unilaterale, non concessa ma solo ed esclusivamente pretesa, è la morte del compromesso democratico. È la fine della convivenza leale, etica e pacifica.


Giorgio Gaber cantava in Libertà:


“La libertà non è star sopra un albero non è neanche il volo di un moscone la libertà non è uno spazio libero libertà è partecipazione


I cambi melodici tra i ritornelli e le strofe rappresentano proprio le due facce della bramata libertà: la percezione individuale e quella collettiva, dove se una viene a mancare l’altra non può essere assicurata. La nostra responsabilità sta proprio nel non lasciarci abbattere dalla fatica di essere ascoltati dal e nel mondo odierno.


Iniziamo in pochi e in poche, un po' alla volta saremo migliaia, ancora più avanti milioni. Infine, tutt* potremmo dire di esser arrivati a godere di un clima democratico così significativo grazie agli sforzi di ognun* di noi che, con impegno e dedizione, hanno continuato a credere nella democrazia e a manifestare i propri ideali.






Scrivici a tidicolamiateamthr@gmail.com e dicci la tua!

Cosa ne pensi sul tema, la tua esperienza e le riflessioni che i testi ti suscitano.


Con sempre una cuffietta all’orecchio,

Elisa e Aurrette


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