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#GenderEquality4All


"Tutti gli individui sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. A questo riguardo, la legge deve proibire qualsiasi discriminazione e garantire a tutti gli individui una tutela eguale ed effettiva contro ogni discriminazione, sia essa fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l’opinione politica o qualsiasi altra opinione, l’origine nazionale o sociale, la condizione economica, la nascita o qualsiasi altra condizione."


Quello che vi proponiamo quest’oggi riguarda l’analisi della discriminazione di genere come questione che non riguarda solo le donne ma anche gli uomini; la consapevolezza da parte di tutti è fondamentale per il raggiungimento di una società sostanzialmente equa e maggiormente inclusiva.


Il nostro punto di partenza è l’articolo 26 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 16 dicembre 1966. L’articolo 26 sancisce l’obbligo degli Stati di vietare qualsiasi discriminazione e di tutelare ogni essere umano da qualunque trattamento differenziato, sia esso giustificato da motivi elencati nell’articolo stesso - tra cui ragioni legate al sesso -, o da “qualsiasi altra circostanza”.

Sebbene l’articolo non fornisca una definizione di discriminazione, essa è da intendersi come qualsiasi distinzione, limitazione o esclusione, basata su motivi sopra citati, che abbia il fine o l’effetto di compromettere il riconoscimento, il godimento e l’effettivo esercizio dei diritti fondamentali di cui qualsiasi persona è titolare in egual misura (Commento Generale No.18 CCPR, para.7).


La discriminazione di genere è la punta dell’iceberg della tossicità degli stereotipi di ruolo legati al genere, i cui svantaggi si riflettono in diversi ambiti della realtà sociale e individuale degli uomini e delle donne. Per molto tempo è stato un luogo comune credere che il tema dell’(in)equità di genere avesse un impatto solo sulla qualità di vita delle donne e che riguardasse solo queste ultime; in realtà non è così.

In Italia, più che in altri paesi Europei, è radicata una cultura che tende a differenziare in maniera precisa ciò che è maschile da ciò che è femminile, categorie nette a cui corrispondono altrettanto precise aspettative di comportamento e distinzioni di ruoli e che danno vita a discriminazioni di genere relative ad entrambi i sessi.


Nonostante la discriminazione di genere contro le donne sia più allarmante e purtroppo frequente, ciò non significa che la cosiddetta discriminazione al contrario, cioè contro gli uomini, non debba essere trattata e combattuta allo stesso modo!

L’atto stesso di discriminare un sesso o l’altro non farà altro che fomentare un disprezzo tra pari, consolidare il divario tra uomini e donne e rafforzare gli stereotipi di genere e di conseguenza l’idea di una società secondo cui un sesso è migliore o peggiore di un altro. Tutto questo non farà altro che allontanarci da quell’equità che dovrebbe necessariamente stare alla base di ogni società.


Una società divisa nella quale se non si è abbastanza maschio o abbastanza femmina si è categorizzati come “sbagliati”, fatta di maschi che non piangono mai, instancabili lavoratori, poco abili nel cambiare il pannolino e nelle faccende domestiche, ma allo stesso tempo dei veri gentiluomini quando offrono la cena, maschi da cui si esige forza, mascolinità e virilità.


Un famoso proverbio dice: "le donne non si toccano neanche con un fiore"... e gli uomini?


Se da un lato la lotta per l’emancipazione femminile ha messo in discussione stereotipi che riguardassero le donne, non è ancora accaduto il contrario per quegli stereotipi che colpiscono e fanno male anche agli uomini, che legittimano comportamenti e ruoli nocivi, di cui spesso manca consapevolezza e che allontanano da un’effettiva e sostanziale equità di genere.


La dannosità degli stereotipi di genere si manifesta in ogni ambito della realtà - ad esempio nella medicina, quando ancora oggi certe malattie sono considerate solo femminili ed altre solo maschili -, il che si traduce in un rischio per la tutela della salute, anche per la popolazione maschile, nel momento in cui alcune patologie sono associate solo al sesso femminile e si ignorano i fattori di rischio per gli uomini, come in caso di carcinoma della mammella. Ma non è tutto: questo accade anche quando si rimarca cosa sia affare di maschio o di femmina, attraverso quelle norme che continuano a proporre un modello “maschile” del lavoro, basate sullo stereotipo che vede l’uomo costretto a dedicare tutto il suo tempo alla carriera; o ancora, altre attraverso cui si continua ad affidare il ruolo della cura solo alla donna, rendendo complessa anche per gli uomini la conciliabilità tra vita privata e vita lavorativa.


Nel momento in cui un certo modello è riprodotto, nella legge o nella prassi, come il solo ed unico modello di riferimento e, in quanto tale, si considera essere la normalità, ad essere violati sono i diritti fondamentali di quelli che non rientrano in tale modello. Tutto questo avrà conseguenze negative sul godimento e l’esercizio dei diritti fondamentali di ciascuno e sul benessere degli individui e della società nel suo complesso.


Uomini e donne hanno delle differenze anatomiche, biologiche e naturali che non possono essere ignorate: tali aspetti naturali si intrecciano con la cultura tanto da rendere, quindi, estremamente complesso comprendere quanto un’abilità sia maggiormente influenzata dal fattore naturale o da quello culturale di uno o dell’altro sesso. Un dato di fatto è che certe generalizzazioni di carattere culturale continuano a proporre un modello tossico che crea discriminazione, di diritto e di fatto, e la discriminazione non è mai tollerata o tollerabile.


Per cui, nella lotta alla discriminazione di genere, potrebbe essere questo il momento migliore per porre le basi di una società consapevole e in cui sia garantita l’equità di genere, eliminando le idee stereotipate e dando voce anche agli uomini?


Alla prossima pillola!


Keep on Rights,

Federica, Paola, Roberta e Valeria


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