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Eutanasia. Una battaglia morale lunga secoli

Updated: Mar 1, 2021

Eutanasia: dal greco eu + thanos, la buona morte. Thanatos era il dio greco della morte non violenta, nato da Nyx (La Notte) e Erebo (L’Oscurità). Il dio della morte non violenta, dal tocco gentile, accompagnata spesso dal suo gemello Hypnos, il dio del sonno.


Secoli dopo, lasciate alle spalle le divinità dell’Olimpo, per Eutanasia si intendono quei procedimenti medici con i quali si procura intenzionalmente la morte di un individuo malato senza possibilità di guarigione, secondo le volontà di quest’ultimo e nel suo stesso interesse.


Sono diversi i tipi di eutanasia a cui si può fare riferimento e ricorso. L’eutanasia passiva, dove il medico interrompe la somministrazione di cure al paziente; l’eutanasia attiva, in cui vengono somministrati medicinali che inducono il paziente alla morte; l’eutanasia attiva volontaria, dove è il paziente stesso a richiederne la messa in pratica.


Quello della scelta di morte volontaria (da non confondersi però con il suicidio né con il suicidio assistito) è una tematica che, attraverso dibattiti pro e contro, ha percorso la storia.


È con la Repubblica di Platone che si intravede, per la prima volta, un significato più moderno del concetto di eutanasia, in particolare di quella passiva, seppure i termini non siano mai esplicitamente menzionati: "Pertanto stabilirai per legge nella città una medicina e un’arte giudiziaria nelle forme che abbiamo descritto, in maniera che curino soltanto i cittadini validi nel corpo e nell’anima e, quanto agli altri, i medici lascino morire coloro che presentano difetti fisici, i giudici sopprimano coloro che sono guasti e incurabili nell’anima".


Con l’avvento delle religioni monoteiste, in particolare del Cristianesimo, il termine eutanasia perde i suoi connotati positivi di morte vissuta con onorabilità, ed entra, di pari passo con il suicidio, nella schiera dei peccati mortali. Impensabile l’utilizzo delle pratiche mediche per porre fine alla vita umana, impensabile poter disporre liberamente della propria vita che solo Dio può dare e togliere.


Nel Rinascimento, con il fiorire dell’Umanesimo e dell’uomo posto al centro del pensiero filosofico, torna l’idea di eutanasia come dolce morte. Nel suo "Progresso della conoscenza" del 1605, il filosofo inglese Francis Bacon si rivolgeva ai medici invitandoli ad alleviare il più possibile le sofferenze dei pazienti; il concetto di eutanasia ha però qui un significato solamente etimologico: il medico doveva esclusivamente fare in modo di accompagnare il paziente nel modo meno doloroso possibile verso la morte, che doveva comunque giungere in modo naturale. Nel "De dignitate et augmentis scientiarum" del 1623, Bacon invece differenzia tra il concetto di eutanasia interiore, la preparazione psicologica alla morte, ed eutanasia esteriore ossia l’interruzione di vita, che deve avvenire esclusivamente in base alla volontà del paziente. Sia per Bacon che per Moro infatti, l’eutanasia non deve avvenire contro la volontà del paziente (eteronomia): per Tommaso Moro chi al contrario non vuole morire deve continuare a ricevere le cure necessarie.


In epoca più moderna ed in particolare con l’avvento del nazismo, l’eutanasia si intreccia negativamente al concetto criminale di eugenetica; con quest’ultimo termine si intende la soppressione di tutti gli individui affetti da handicap o da malattia che, nell’ottica nazista, li rendono inadatti alla prosecuzione della razza ariana.


È in realtà chiaro come i due concetti abbiano ben poco in comune; nel caso dell’eugenetica manca infatti il carattere volontaristico che sta alla base dell’eutanasia: i pazienti vittime di eugenetica non scelgono liberamente e volontariamente la morte, che è invece somministrata loro non per alleviare sofferenze ma per la "salvaguardia della razza".


In epoca moderna quello dell'eutanasia continua a essere uno dei dibattiti più accesi tra il mondo laico e cattolico, con i primi fermi sulla posizione che è il malato stesso a dover decidere come disporre della sua vita e i secondi fermamente convinti che nessun uomo può decidere di porre fine ad una vita umana, fosse anche la propria.


Il perno principale di entrambe le fazioni continua a essere quello del dolore. Per il mondo cattolico infatti, le sofferenze sono anch'esse mandate da Dio e come tali vanno accettate e rispettate e non sviate.


Il mondo laico invece da sempre si focalizza sul concetto di dignità della persona, specialmente se ridotte in stato vegetativo dalla malattia che li ha colpiti e, soprattutto, dalle mancate funzioni cerebrali del paziente.


Ma qual è la situazione nel nostro Paese? Nel 2019 la Corte Costituzionale ha stabilito che non è punibile chi "agevola l'esecuzione del proposto di suicidio assistito" in pazienti malati terminali, con sofferenza fisica ma ancora in grado di prendere decisioni consapevoli.


La sentenza venne approvata un anno dopo quella sul Testamento Biologico, un documento dal valore giuridico in cui il paziente stabilisce in anticipo a quali trattamenti dare o non dare il proprio consenso, nel caso di una futura incapacità comunicativa.


Sottile ma importante la differenza tra eutanasia e suicidio assistito: in quest'ultimo caso, il medico si limita a fornire al paziente un farmaco per agevolarne la dipartita mentre, nel caso di eutanasia, il medico prende parte attivamente nel procedimento.


In Italia l'eutanasia continua a essere illegale. Nella penisola sono stati diversi i casi di (mancata) eutanasia che nel corso degli anni hanno sempre più inasprito la già profonda divergenza tra le due fazioni.


Il più noto è senza dubbio il caso di Eluana Englaro, una ragazza di Lecco che nel 1982 finisce in quello che in medicina viene definito come "stato vegetativo permanente". La ragazza dopo 4 anni di coma permanente, nutrita con sondino, nel 1996 viene ufficialmente dichiarata interdetta per assoluta incapacità dal Tribunale di Lecco, che inoltre nomina il padre Beppino Englaro come suo tutore.


Tre anni dopo Beppino Englaro inizia una lunga battaglia per sospendere l’alimentazione della figlia. La richiesta viene rigettata dal Tribunale di Lecco; Eluana infatti non dipende da nessun macchinario per quanto riguarda la respirazione: l’alimentatore quindi, non è considerato una cura medica.


Nel 2003 Englaro presenta nuovamente la richiesta basandosi, principalmente, sul concetto di dignità della vita: l’uomo sostiene infatti che lo stato di coma vegetativo della figlia sia lesivo della sua dignità. Dignità che, appunto, potrebbe esserle restituita solo con la morte.


La richiesta viene ancora una volta respinta, con la motivazione che questa non è la volontà espressa dalla paziente. Inizia così una lunga battaglia anche dal punto di vista legale che, nel 2009 vede anche l’intervento del Governo italiano.


Nel febbraio 2009 infatti il Governo approva d’urgenza un decreto legge per vietare la sospensione di alimentazione e idratazione nei pazienti in stato vegetativo, ribaltando cosi la decisione della Corte Costituzionale che, nell’ottobre 2008 aveva accolto la richiesta di Beppino Englaro. Presentato al Presidente della Repubblica, all’epoca Giorgio Napolitano, questi si rifiuterà di firmare il decreto giudicandolo incostituzionale.


Il 9 febbraio 2009, tre giorni dopo che le erano state progressivamente diminuite alimentazione ed idratazione, Eluana Englaro sarà finalmente liberata dalla sua agonia, che la tenne prigioniera per ben 17 lunghi e dolorosi anni.


Un caso simile si ritroverà con Sara Di Natale, giovane ragusana di 22 anni che nel febbraio del 2006, finisce in coma vegetativo a causa di uno shock anafilattico, dopo aver ingerito della carne contenente solfiti, vietati per legge. Inutile l’intervento tempestivo dei medici: il cervello ha subìto per alcuni lunghissimi momenti la mancanza di ossigenazione, decretando il destino infausto della giovane.


Dopo un anno dall’incidente infatti, i medici annunciano al padre Luciano e alla madre Gabriella che per la figlia non ci sono possibilità di risveglio e ritorno ad una vita normale. "Il suo corpo era diventato una cavia da laboratorio" dichiara suo padre che, esattamente come Beppino Englaro, inizierà una lunga battaglia per poter donare alla figlia la liberà da tanto dolore e sofferenza e che sottolineerà il profondo divario tra Nord e Sud Italia per quanto concerne le strutture sanitarie.


È infatti grazie alla lotta di Luciano Di Natale che nel 2012 viene inaugurato il Centro Risveglio Iblei, per accogliere Sara e chi, come lei, hanno subito la stessa sorte. Prima di allora infatti, le cure della ragazza sono state totalmente nelle mani della famiglia e di alcuni volontari


Ed è in questo centro che, nel 2016, Sara muore per la seconda volta, liberata da quella vita artificiale a cui era stata costretta anche, come Eluana Englaro, per la mancanza di chiarezza da parte della legge in casi come questi.


Luciano Di Natale e Beppino Englaro, due battaglie dolorose, strazianti e che da personali si sono trasformate in pubbliche, nella lotta etica per una vita e soprattutto una morte dignitosa, sottolineando il profondo vuoto legislativo italiano in materia. Luciano Di Natale era stato infatti anche il promotore della nascita del registro del Testamento Biologico nella città di Ragusa.


Una battaglia anche politica quindi, ma soprattutto morale che si interpone di forza nel già citato dibattito tra mondo laico e cattolico, con domande che forse solo all’apparenza non trovano ancora una giusta risposta.

Se infatti, come sostiene chi si oppone al diritto dell’eutanasia, non è possibile prendere decisioni riguardanti una vita umana, fosse anche la propria, perché allora si dovrebbe avere il diritto di condannare un essere umano (o quel che ne rimane, come molto spesso sottolineato da chi invece è a favore della pratica) ad una non-vita di sofferenza e dolore?

Il punto infatti che le due famiglie, cosi come quelle di tanti altri che hanno subito la stessa nefasta sorte, hanno sempre posto sotto lo sguardo di tutti non è quello di preservare la vita ad ogni costo, ma di preservare la dignità della vita ad ogni costo.


Come ha infatti dichiarato Beppino Englaro nel 2019, in occasione del decimo anniversario della morte di sua figlia Eluana, "La morte è parte naturale della vita. Lo stato vegetativo, no".


di Tatiana Barone


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