#EndSARS: i giovani nigeriani hanno sete di giustizia
- It's time for human rights
- Jan 15, 2021
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La Nigeria, conosciuta anche come la prima economia dell’Africa Subsahariana , conta più di duecento milioni di abitanti ed è la Nazione più popolosa del continente africano.
Eh no, non parlerò di Boko Haram! Qualcuno avrà letto o sentito delle proteste pacifiche dei cittadini nigeriani e del movimento End Sars. (Per approfondire leggi il nostro articolo e sulle proteste del 2020).
Ma che cosa sta realmente succedendo in Nigeria? Che cos’è il SARS?
Per comprendere il movimento #EndSars è opportuno compiere qualche passo indietro.
La SARS è la Special Anti-Robbery Squad, ovvero un reparto speciale della polizia accusata di brutalità e violenze. Tutto iniziò negli anni '90, quando la SARS venne istituita come un’unità del Dipartimento di Intelligence e Investigazione Criminale della Nigeria. Di fatto, all’epoca, si trattava di un corpo di polizia che operava a volto coperto contro crimini, quali ad esempio, rapine a mano armata e/o rapimenti. Il problema è che, nel corso degli anni, la SARS è stata accusata di esecuzioni extragiudiziali, arresti e detenzioni arbitrarie, oltre che di molestie sessuali a danno di donne nigeriane. La lista di questi crimini è lunghissima.
Secondo un rapporto di Amnesty International tra Gennaio 2017 e Maggio 2020, 82 persone hanno subito torture all’interno dei centri di detenzione SARS. Si tratta di giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni, appartenenti ai gruppi più vulnerabili della società nigeriana, vittime di esecuzioni, violenze e atrocità.
Dal report emerge inoltre che i detenuti in custodia dalla SARS vengono sottoposti a una varietà di metodi di tortura tra cui impiccagione, percosse, pugni e calci, bruciature di sigarette, annegamento simulato e tentata asfissia con sacchetti di plastica. La SARS costringe i detenuti ad assumere posizioni fisiche stressanti e subire violenze sessuali.
Il movimento #EndSars si è riacceso negli ultimi mesi del 2020, in seguito ad un video diffuso sui social, video che mostrava l’omicidio di un ragazzo. Conseguentemente alla diffusione di quelle immagini, gli animi del movimento si sono riaccesi: i giovani nigeriani hanno iniziato a raccogliere testimonianze di violenze, ingiustizie e brutalità. Di fronte al silenzio totale del Governo, hanno deciso di organizzare una serie di manifestazioni.
Numerose sono le celebrità nigeriane come Chimamanda Ngozi Adichie, Tiwa Savage, Wizkid; ma non solo, anche internazionali, come Beyoncé, Mesut Ozil, Kanye West e Oprah Winfrey, che hanno dimostrato il loro pieno supporto al movimento. Grazie anche alla loro attenzione mediatica il movimento è diventato virale sui social.
Ma nel concreto, cosa vogliono ottenere i manifestanti? Essi hanno 5 richieste fondamentali:
1. Rilasciare tutti i manifestanti arrestati durante le proteste;
2. Giustizia per i morti e le vittime della violenza perpetrata da parte della polizia e supporto economico per le loro famiglie;
3. La creazione di un nuovo organismo che controlli e punisca ogni poliziotto accusato di abuso di potere o crimini;
4. Introdurre nel Police Act nuovi addestramenti e valutazioni psicologiche per tutti gli ufficiali SARS prima che vengano riassunti nella nuova formazione;
5. Un incremento del salario della polizia affinché i poliziotti siano adeguatamente ricompensati per il servizio che rendono al popolo.
Tra le varie criticità emerse, vi è anche la necessità di garantire un’educazione gratuita e l’elettricità, (infatti, meno della metà della popolazione nigeriana ha accesso a questo servizio). Tutta questa situazione è allarmante!
Spero vivamente che queste manifestazioni portino un po' di giustizia e, grazie alla visibilità virale che i tempi di oggi possono offrire, anche la comunità internazionale possa contribuire e fare la sua parte, anche se non si può negare che la situazione si protrae da molto tempo nell’indifferenza generale e diffusa.
Ognuno di noi deve cercare di fare la propria parte nel suo piccolo. Il fatto che non viviamo in Nigeria o non siamo nigeriani non vuole dire che non possiamo fare nulla; anzi, abbiamo il dovere e il potere di contribuire, dato che si tratta di diritti umani, di innocenti non rispettati e non tutelati.
Detto ciò, ci terrei a fare una riflessione. Il movimento #EndSARS non è diventato virale come il movimento #BlackLivesMatter che è riuscito a suscitare il coinvolgimento di quasi tutti. Eppure, la vita dei neri africani vale quanto quella degli afroamericani. Ed è altrettanto importante quando la lotta non riguarda solo il razzismo, ma concerne anche una politica che impedisce di lottare per la libertà, per i propri diritti.
Con queste manifestazioni, il messaggio dei giovani nigeriani al proprio Governo è chiaro: “non ci stancheremo finché qualcuno non ci ascolterà”.
La Nigeria è altrettanto conosciuta per essere un grandissimo produttore di petrolio e, al tempo stesso, per essere marchiata da una corruzione strutturale vergognosa che dura da decenni. Inoltre, la Nigeria ha celebrato il 1° ottobre il suo 60° compleanno di indipendenza. Però, 60 anni dopo la schiavitù, qual è il bilancio? A che punto è il Paese sul piano economico e, soprattutto, sul piano sanitario?
Per concludere, non tutti gli africani scappano dalla guerra e/o dalla fame. E nemmeno quelli che rimangono muoiono tutti per la fame e/o per la guerra.
Certo è che nessuno lascia la propria casa se sta così bene!
Gli africani lasciano il loro Paese per via dell’inesistenza delle proposte socio-politiche ed economiche dei governi, delle profonde crisi umanitarie, dell’instabilità politica, delle crisi ambientali, come succede ora in Italia con i numerosi giovani che lasciano il proprio Paese in cerca di un avvenire migliore.
Alla fine di tutto, gli africani sono in cerca di un domani migliore come lo può cercare chiunque e l’Occidente è la loro unica speranza per raggiungerlo.
Aurette Djoumbi
Fonti e articoli di approfondimento:
RAPPORTI DI AMNESTY INTERNATIONAL-
VANGUARD NEWS, 12 Ottobre 2020
ISPI, 22 Ottobre 2020 di Giovanni Carbone
INTERNAZIONALE, 23 Ottobre 2020 di Oiza Q. Obasuyi

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